Val Gulva


Lunghezza: 24,8 km
Dislivello complessivo: 1617 m
Tempo: 6 h 40
Altitudine max: 1953 m
Difficoltà: impegnativa

La val Gulva, il cui nome probabilmente deriva da wolf cioè lupo in tedesco, è una valle selvaggia assai poco frequentata situata sul versante del Pasubio delimitato dalla val di Terragnolo, della quale è una valle laterale. Vi nasce il torrente Leno di Terragnolo. Quando vi si accede ciò che stupisce di più sono il silenzio, la densità della sua vegetazione e il suo aspetto selvaggio; pochissimi sono i segni del presenza dell'uomo così che qui la fauna alpina può vivere indisturbata.Oltre alla val Gulva l'impegnativa escursione esplora anche la val Zuccaria e la val di Pazaul, altre due belle valli laterali della val di Terragnolo l'una la continuazione dell'altra
Come arrivare: Da Rovereto si prende la SP2 che risale la val di Terragnolo. Arrivati a Piazza di Terragnolo, ad un bivio si prende la strada per il passo della Borcola. Si continua superando numerose frazioni fino ad incontrare le indicazioni per Sega di Terragnolo, località di fondovalle dove scorre il Lenotorrente al quale la storia e l'economia della valle devono molto
Giunti a Sega si parcheggia vicino al ponte
Località Sega 663 m. con il parcheggio sulla destra. Nei pressi si trova un'antica segheria veneziana, oggi restaurata e aperta al pubblico con annesso con un piccolo museo
Un cartello sulla strada illustra alcune caratteristiche della val di Pazaul

Attraversato il ponte sul torrente Pazaul mi incammino seguendo sulla destra per un centinaio di metri la strada asfaltata; giro poi a sinistra seguendo le indicazioni per S. Giuseppe e sentiero del Tof delle slitte
 L'inizio del sentiero
Prima di salire il sentiero si dilunga affiancando il corso del rio Pazaul che qui forma una serie di cascate in un quadro idillico
Qui continuo dritto
Si comincia a salire
Uno dei pochi scorci sulla boscosa val di Pazaul. Sull'altro versante c'è Costa Alta, una montagna coperta da una fitta faggeta che attraverserò nel mio ritorno
Ad un certo punto la stradina si innesta su una più larga forestale proveniente dalla frazione di Geroli e diretta alla malghe Sarta, Bisorte, Pezzi e Costoni
Nella parte alta, dove i versanti sono più ripidi, si nota una frana. Tutta la val di Terragnolo è interessata da questi fenomeni per via del terreno alluvionale depositato dai corsi d'acqua sui suoi versanti
Per via della fitta vegetazione la strada è avara di aperture così come di sorgenti. Nei pressi di un ponte c'è questa fessura umida coperta di muschio. Un po' più in là da una fontanella esce un rivoletto d'acqua

Dopo due ore abbondanti di marcia tranquilla arrivo sui pascoli di Malga Sarta che prende il nome dal vicino monte 
Malga Sarta 1290 m. è una bella malga dismessa e trasformata in un rifugio forestale che invita ad una sosta

Sul davanti c'è l'accesso al bivacco sempre aperto
Il locale è fornito di tavolo, cucina e 4 letti con coperte. All'esterno ci sono delle provviste di legna
Da malga Sarta continuo salendo lungo la forestale per 20' e raggiungo passo Lucco1378 m., posto tra il monte Bisorte e il monte Sarta. Da lì inizia lo scosceso versante della val Gulva. Il sentiero che vi scende è il 148 ma dove imboccarlo non mi è sembrato molto chiaro. Innanzitutto una volta giunti ad una successiva biforcazione si deve prendere la stradina sulla destra
Su questa strada bisogna fare attenzione a una piccola inscrizione indicante il sentiero 148 che si trova su un albero sulla destra e... cercare un po' più avanti sulla sinistra il sentiero che scende seminascosto! Sul sentiero, appena sotto il livello della strada, si trova un segnale uguale


Il 148 scende in un fitto bosco solcato da umidi valloni come questo
Dopo mezz'ora di discesa e aver perso circa 300 m di quota giungo sul fondovalle nei pressi di malga Gulva 1087 m. che non è monticata ma si presenta in ottimo stato. Sullo sfondo l'omonima valle. La stradina che si vede riporta alla Sega, il 148 invece continua sulla sinistra risalendo l'altro versante in direzione del passo della Borcola

Comincio ora la risalita della val Gulva. Per un tratto seguo una sterrata che però finisce presto in una piazzola Il sentiero che continua si trova sulla sinistra del torrente Leno e non è facilissimo da trovare. All'inizio mi perdo e gironzolando un po' sul greto m'imbatto nei resti di un camoscio che sembra essere stato vittima di un attacco di qualche predatore, forse di lupi. Qui le pareti della valle non sono ancora troppo ripide da far pensare ad una caduta accidentale
Dopo qualche incertezza trovo il sentiero un po' in alto sulla sinistra segnato in questo modo e non numerato. Non c'è sulla mia carta Kompass ma esiste sulla mappa di cui è dotato il mio gps. 
Segnali come questo sono frequenti e ben visibili, cosa importante perché qui la vegetazione cresce rigogliosa tendendo a nascondere il percorso
Il sentiero sale insinuandosi tra i massi incastrati e brevi salti rocciosi per un tratto sul versante sinistro poi sul destro passando per un guado. Siamo in agosto e il Leno che ha scavato questa profonda valle si è preso la pausa estiva ma la vegetazione tutt'intorno è ancora lussureggiante. 

Dopo aver risalito circa metà della valle, già molto stretta e profonda incuneata com'è tra la Costa di Borcola e il monte Bisorte, mi trovo ora ad affrontare l'attraversamento di una gola.
Intanto il sentiero si è riportato sul versante sinistro. All'inizio del passaggio nella forra incomincia a piovere ma subito non mi accorgo che il mio poncho ha una scucitura all'altezza di una spalla

Quando la pioggia cresce d'intensità cerco riparo sotto una roccia. Artax si agita vedendo due camosci arrampicarsi su dei ripidissimi ghiaioni. 

Questi sassi hanno conosciuto la guerra. In val Gulva gli austriaci avevano costruito una teleferica per l'approvvigionamento delle truppe stanziate sull'altipiano. Partiva da Volano, risaliva la val di Terragnolo e arrivava con un solo tratto nei pressi di malga Buse Bisorte. Fu costruita anche una mulattiera di cui resta solo qualche traccia anche se pare fosse usata dai valligiani con le slitte fino agli anni '50. Si vedono ancora delle piazzole dove i soldati porta-messaggi si davano il cambio nella faticosa risalita

La forra ha un nome, Calà della Gulva. In questo ambiente particolare in primavera avviene la fioritura di alcune piante rare come la Pianella della Madonna o Scarpetta di Venere, un'orchidea protetta dell'arco alpino
Dopo mezz'ora di sosta forzata cessa di piovere e allungando il passo esco dalla forra ma devo fare attenzione perché i sassi sono diventati scivolosi
Il sentiero risale il versante destro, passa un guado e compiendo una larga curva giunge sul pascolo in gran parte imboscato di malga Belvedere, ormai ridotta a un rudere. Il fatto che molte malghe del Pasubio siano state abbandonate è principalmente dovuto alla cronica scarsità di acqua causata dal fenomeno carsico. Intanto la vegetazione è cambiata e le latifoglie hanno lasciato il posto alle conifere, ai mughi ed ai rododendri
Ora il sentiero mi porta dentro questo ripido canalone laterale. La testata della val Gulva presenta la conformazione frastagliata di un circo glaciale che gli agenti atmosferici hanno eroso formando questi valloni.
Il temporale che sembrava esaurito ha trovato nuova forza nelle correnti ascensionali provenienti dal fondovalle da dove vedo salire veloce una fitta nebbia che in breve raggiungerà la mia quota. Riprende a piovere forte e nella parte finale mi becco anche un po' di grandine
A questa quota, 1750 m., sorgevano i ricoveri degli austriaci di cui resta qualche rudere. Sono ormai quasi alla fine della salita. Il temporale intanto ha perso vigore, il cielo si è schiarito e ora mi accompagna solo una pioggia insistente che mi gela la schiena

Il sentiero esce dal bosco e attraversa sempre in salita una lunga radura erbosa che non offre alcun riparo alla pioggia. Scorgo un gruppo di escursionisti fermo sotto gli alberi. sul sentiero 147 proveniente dal passo della Borcola. Sperando anch'io in un riparo decido di tagliare sulla sinistra l'ultimo tratto di sentiero per intercettarl
Il riparo che trovo si rivela essere una doccia un po' meno forte. Sento che mi sto raffreddando così decido di proseguire. Dopo aver aggirato il monte Buso 2087 m. e finalmente raggiunto l'incrocio posto nei pressi della Sella delle Pozze 1882 m, lascio il 147 e giro a destra verso la val Zuccaria. Ora mi trovo su un sentiero che conosco e appena smette di piovere mi fermo per cambiare il t-shirt fradicio con la felpa. Tra una cosa e l'altra mi ci sono volute quasi 4 ore per superare gli 800 metri di dislivello esistenti tra malga Gulva e questo incrocio, a causa della pioggia ma anche del terreno accidentato e scivoloso
Scendo in val Zuccaria lungo la larga strada militare. Questo è il versante est del Col Santino 2080 m preso al volo
Raggiunti i ruderi dell'ospedale militare imbocco sulla destra il sentiero 133 verso malga Bisorte che segue anch'esso il tracciato di una mulattiera di guerra
Il monte Bisorte 1967 m. separa la val Gulva dalla val Zuccaria
Esce il sole ma non resterà a lungo. A differenza delle altre valli che scendono dal Pasubio in val Zuccaria il bosco non è così compatto e lascia spazio a belle radure occupate da grandi massi 
Oltre al muschio e ai licheni su questi macigni crescono abbarbicati dei bellissimi pini e abeti spesso in formato bonsai
La presenza di licheni sulla corteccia degli alberi indica un ambiente e un'aria incontaminati. Anche il sottobosco è una meraviglia
Più sotto nella valle, ad un crocevia, abbandono il 133 diretto verso malga Campobiso e prendo a destra il 144 che seguirò fino a Sega 
Lasciata la val Zuccaria il sentiero aggira il versante nord del monte Bisorte e va ad innestarsi sulla forestale che costeggia il pascolo di malga Bisorte 1563 m. offrendo una bella veduta sulla val di Terragnolo
Ora devo scendere a passo Lucco e poi a malga Sarta 
Dopo un tratto pianeggiante in un bosco che sfida la forza di gravità...
..riprendo a scendere in una ombrosa faggeta su un sentiero interamente coperto di foglie
Anche qui, a causa degli alberi, pochissimi sono i punti panoramici sulla valle di Terragnolo. Questo è il più ampio e permette di vedere una parte delle numerosi frazioni disseminate sulla sua destra orografica, quella meno scoscesa e più soleggiata
Di nuovo sono a passo Lucco e chiudo così l'anello superiore del giro
Arrivo dopo qualche minuto a malga Sarta
Per un momento sono tentato dall'idea di fermarmi per la notte ma il fatto di essere partito praticamente senza viveri mi fa desistere dall'idea 
Dal pascolo di malga Sarta il sentiero 144 scende tagliando con lunghi traversi il boscoso versante del monte Costa Alta 1348 m.. All'inizio segue il tracciato di una strada forestale che però finisce dopo qualche km
Il 144 prosegue in una ombrosa faggeta in pendenza marcata e costante. Questa mattina sono partito molto tardi e ora che sono quasi le 6 di sera la luce sotto gli alberi comincia a scarseggiare anche perché mi trovo sul versante nord della valle 
In questo punto qualche animale dall'alto fa cadere una pietra che va a traversare il mio sentiero per finire la sua corsa più in basso, per fortuna una decina di metri più avanti da dove mi trovo. Più che per me sarebbe stato un pericolo per Artax
Quando arrivo al cosiddetto Ponte de San Pero e Paolo  mi restano ancora 20' di cammino per finire il giro. Penso che il tempo di discesa visto sul cartello a malga Sarta (1h40) sia da ridurre di una mezz'ora  
Ormai sono nei pressi del fondovalle. Di fronte a me le ultime frazioni che si incontrano prima della salita al passo della Borcola
Il sentiero esce dal bosco a pochi metri dalle case di Ghèsteri, una delle poche frazioni, assieme a Geroli, Pinterreno e Sega a trovarsi sulla sponda sinistra del Leno. Non c'è anima viva ma il paesino non sembra completamente abbandonato perché alcune case sono in fase di restauro. E' la più antica frazione della valle e qui si fermavano i contrabbandieri provenienti dal Veneto attraversando il passo della Borcola. Il suo nome deriva dal tedesco gasthaus che significa posto di ristoro, albergo.
Finalmente ritrovo anche il sole
Nell'ultimo tratto il 144 contorna alcuni campi su antichi acciottolati. L'altro versante della valle è ancora in pieno sole e si intuisce facilmente perché la gente sia andata a vivere quasi tutta da quella parte
Ancora qualche minuto e sono di nuovo a Sega di Terragnolo.
Finisce un gran bel giro in questa che era la valle dei miei nonni paterni 

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