Col Santo



Lunghezza: 13,6 Km
Dislivello: 935 m
Tempo in movimento: 4h
Altitudine max: 2106 m  
Difficoltà: media

Ci sono giri che sebbene fatti decine di volte non stancano mai. Li chiamiamo "classici" perché è il modo più semplice ed esatto per definirli. Li facciamo e rifacciamo nelle varie fasi della nostra vita riportando ogni volta alla memoria il nostro passato con le persone e gli avvenimenti  a cui hanno fatto da cornice. Questo giro l'ho fatto decine di volte, almeno una volta all'anno eppure spesso mi sorprende per le nuove emozioni che sa offrire. Questa volta ad esempio abbiamo potuto osservare da vicino e per lungo tempo un branco di più di trenta camosci oziare sulla pendici del Col Santo. Avevo Artax legato e questo probabilmente li ha tranquillizzati. Come noi i camosci sono curiosi e, se non avvertono pericoli, si fermano a lungo ad osservarci. 
Questo classicissimo giro ad anello è molto conosciuto e frequentato nei fine settimana. Facile e panoramico, è ideale per gli sci-alpinisti ma anche per i ciaspolatori; è privo di pericoli perché si svolge quasi tutto su un'ampia dorsale prativa e nel ritorno sul fondovalle. In caso di molta neve fresca bisogna però fare attenzione alla discesa sotto il rifugio Lancia perché c'è un punto di possibili distacchi. La meta del giro è il col Santo che si trova nel settore nord-ovest del Pasubio, alla fine di una lunga dorsale prativa che giunge fin sotto la sua cima
Come arrivare: da Rovereto si prende la provinciale della Vallarsa in direzione Trambileno-Pian delle Fugazze. Dopo circa 3 km e aver attraversato il ponte di S.Colombano si gira a sinistra seguendo le indicazioni per il rifugio Lancia. Si giunge così in località Giazzera a 1092 m. (13 km da Rovereto). Se la strada è transitabile, come nel nostro caso, si prosegue in auto ancora per un po' e si posteggia in uno degli spiazzi sulla destra della strada. Si continua a piedi fino a intercettare sulla sinistra il ripido Sentiero delle Ull  (E132) 
Troviamo il sentiero delle Ull ghiacciato così con i ramponcini attacchiamo la ripida salita che per stretti tornanti in mezz'ora ci porta sui prati del monte Pazul. Di neve ne troviamo poca e spesso camminiamo sull'erba secca attraversando isolati boschetti di larici e betulle. Raggiungiamo così il baito dei Rossi, crocevia di sentieri e poi baita Marisa
La neve manca quasi del tutto lungo la dorsale che normalmente fa la gioia degli sci-alpinisti
Vista verso ovest
La traccia attraversa un boschetto di larici
Raggiunto il Doss dell'Anziana ci soffermiamo ad osservare questo capanno pensile che guarda verso il vallone ombroso sottostante. Non sembra fatto dai cacciatori perché non è camuffato da frasche; potrebbe essere un punto di osservazione per la selvaggina. Recentemente la zona è stata popolata dai lupi. Sono venuti dai Lessini e qui hanno trovato un habitat favorevole. In un'escursione recente la mia amica ha avuto la fortuna di vederne uno ed ha anche trovato in questa zona la zampa di un camoscio. Quando si insediano agiscono come fattore di equilibrio dell'ecosistema ma evidentemente non la pensano così i pastori e gli allevatori di bestiame. In questo video  si vede la cattura di un camoscio da parte di un lupo solitario
Il vallone sottostante il Doss dell'Anziana. In fondo si scorge malga Valli
Questa splendida zona è stata risparmiata dagli impianti di risalita per la gioia degli sciatori con le pelli di foca
Ecco l'aspetto brullo del Doss dell'Anziana in questo primo scorcio di 2019. Pare che il toponimo derivi dalla presenza in quantità di genziane o genzianelle
Sdraiato sull'altro versante del vallone un camoscio ci osserva attentamente. Potrebbe essere un esemplare perdente nella competizione annuale per la conquista della femmina, scacciato dal gruppo e al quale va tutto il nostro incoraggiamento. Coraggio non mollare!
Siamo arrivati alla base del Col Santo, teatro di sanguinose battaglie durante la prima guerra mondiale
Saliamo lungo la cresta sul sentiero 131, intercettato alla Selletta dell'Anziana e proveniente da malga Costoni. Qui  per varie ragioni è meglio tenere legato il cane
Il Col Santo 2012 m. è un panettone molto panoramico. Sulla cima le granate della guerra hanno lasciato delle grandi buche ora coperte completamente dalla neve; peccato perché avrebbero potuto fornirci un'ottima protezione dal vento che qui soffia quasi sempre tanto più che fa -3°. Decidiamo così di fare la pausa pranzo in un luogo più riparato lungo la discesa
L'orizzonte dal Col Santo è vastissimo e non ci si stanca mai di guardare tutt'intorno
Vista a sud-est verso il prospiciente Col Santino 2123  m.
Iniziamo la discesa verso il rifugio Lancia. Raggiungiamo la Selletta dei Colsanti e scorgiamo più in basso un gruppetto di camosci
Per nulla turbati dal nostro arrivo si spostano quanto basta per lasciarci passare
La zona del Pasubio è popolata da un migliaio fra caprioli, cervi e camosci, equamente distribuiti come numero. 

Un camoscio maschio pesa dai 30 ai 45 kg, una femmina dai 25 ai 35. Nasce un piccolo per volta che rimane strettamente legato, almeno per un anno, alla madre.
Questa nella foto dovrebbe essere una femmina ma non ne sono sicuro. Leggo che la testa del maschio, vista di lato, è simile ad un triangolo equilatero, mentre quella della femmina ad un triangolo isoscele. Inoltre nelle femmine l'uncinatura delle corna è meno pronunciata. Una femmina può vivere fino a 24 anni, un maschio fino a 20 ma pochi camosci, vista la durezza delle loro condizioni di vita, riescono ad invecchiare. Meno dell’1% dei maschi di una popolazione supera i 12 anni di età o i 17 nel caso delle femmine
Troviamo un riparo sotto delle roccette sulla sinistra e tiriamo fuori i nostri panini. Guardando verso il costone erboso di fronte a noi ci accorgiamo della presenza di un grosso branco di camosci. Ne contiamo 34, intenti a risalire lentamente verso la sommità. E' la prima volta che ne vedo così tanti assieme 
Il branco sulle pendici del Col Santo
Gli accoppiamenti avvengono tra ottobre  e dicembre, i maschi adulti si riuniscono ai branchi di femmine e tentano di mantenere la propria supremazia restando in aree ristrette mentre i maschi non competitivi compiono lunghi spostamenti

Le aree di svernamento dove avvengono gli accoppiamenti sono generalmente esposte a sud e possono ospitare branchi che in estate si mantenevano distanti
Molti sono girati verso di noi e ci osservano immobili

I più arditi hanno già raggiunto il pascolo sommitale

La vasta piana dell'Alpe Pozza. In fondo a destra si scorge il rifugio Lancia che raggiungeremo tra breve. Nella discesa dobbiamo rimetterci i ramponcini perchè è tutta una ghiacciaia
Il rifugio Vincenzo Lancia in inverno è aperto nei soli week-end. Non ci fermiamo perché è tempo di scendere a valle facendo attenzione a evitare le numerose placche di ghiaccio
Un baito sull'Alpe Alba visto dal sentiero 101
Troviamo completamente ghiacciata la sorgente dei Sette albi. Il termine albi significa abbeveratoi
Sembrano passati i tempi quando in questa stagione qui c'erano metri di neve! 
Nella zona del Pian del Cheserle guardando verso la strada percorsa
Il Brenta al tramonto
La forestale che ci riporterà al posteggio. In questo giro non abbiamo incontrato nessuno e al parcheggio accanto alla nostra c'era solo un'auto, questo per via della mancanza di neve.
Insomma una giornata ideale per chi in montagna ama camminare in solitudine

Scarica la traccia gps da Wikiloc


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