Ferrata Bepi Zac



Lunghezza: 8,44 km.
Dislivello: +517 -892
Tempo in movimento: 2h20
Altitudine max: 2745 m.
Difficoltà: media

La via ferrata Bepi Zac (E637) è molto più di un semplice itinerario sportivo: è un autentico viaggio nel tempo che si snoda lungo le creste di Costabella, nel cuore delle Dolomiti di Fassa. Questo percorso ricalca fedelmente le postazioni della Grande Guerra, trasformando un’escursione in quota in un’immersione profonda nella memoria storica. Camminando sospesi tra terra e cielo, ci si ritrova ad attraversare baraccamenti originali, oscure gallerie scavate nel fianco della montagna e trincee che ancora oggi sembrano narrare la vita quotidiana dei soldati al fronte. L’itinerario alterna tratti tecnici su roccia e scale in legno a sentieri panoramici esposti, regalando uno sguardo privilegiato sui massicci della Marmolada, del Sella e delle Pale di San Martino.Le immagini che seguono illustrano i diversi aspetti di questo splendido tracciato, documentando non solo la sfida alpinistica e la bellezza selvaggia delle vette, ma anche l'emozione di toccare con mano le cicatrici della storia impresse nella roccia
15/7/2025




Per fare la Via Ferrata Bepi Zac si parte presso il Passo delle Selle, a una quota di 2.528 metri, . Per raggiungere il punto di attacco, ci si deve recare al Passo San Pellegrino, situato tra Moena e Falcade. L'avvicinamento si effettua solitamente risalendo il versante tramite la seggiovia Costabella e proseguendo a piedi lungo il sentiero 604 per circa un'ora, oppure percorrendo l'intero dislivello a piedi dal passo in circa un'ora e quaranta minuti. Una volta giunti al Rifugio Passo delle Selle, si seguono le indicazioni poste dietro la struttura che conducono verso la cresta di Costabella



Il Rifugio Passo delle Selle, noto anche con il nome tedesco Bergvagabunden Hütte (che significa "Rifugio dei vagabondi della montagna"), si trova a una quota di 2.529 metri sull'omonimo valico alpino. È situato sulla Cresta di Costabella, nel gruppo della Marmolada, in un punto che durante la Prima Guerra Mondiale rappresentava la prima linea austroungarica. Proprio per questo motivo, il rifugio è il punto di partenza principale per l'Alta Via Bepi Zac. Fu costruito nel 1976 dall'alpinista Bepi Zac ed è tuttora gestito dalla famiglia Pellegrin (Floriano, figlio di Bepi, e i suoi familiari)



Le Pale di S.Martino dal rifugio Passo delle Selle



Dopo aver lasciato il Rifugio Passo delle Selle, l'attacco della ferrata si raggiunge seguendo il sentiero 637 che risale il pendio retrostante la struttura. Il primo tratto consiste in un avvicinamento su un terreno composto prevalentemente da ghiaia e detriti. Una volta giunti alla base delle rocce, si incontrano le prime attrezzature metalliche e i cordini fissi che permettono di superare in sicurezza i balzi rocciosi iniziali. Il percorso si sposta rapidamente sulla linea di cresta, diventando più aereo e panoramico



Il rifugio Passo delle Selle dal Picol Lastè 2697 m.



Da questa posizione sul Picol Lastè 2697 m. si gode di una vista immediata verso molti gruppi dolomitici e si inizia a percorrere i camminamenti storici che caratterizzano l'intera Alta Via. Sullo sfondo il gruppo del Rosengarten (Catinaccio)



Verso ovest in lontananza si scorge il gruppo del Latemar mentre il basso scende la val dei Monzoni con Cima Undici



Le gallerie e le postazioni militari che si incontrano lungo l'Alta Via Bepi Zac costituiscono un vero museo all'aperto dedicato alla "Guerra Bianca". Queste opere furono realizzate tra il 1915 e il 1917 dai reparti del genio militare degli eserciti contrapposti per rendere vivibili le creste d'alta quota durante il conflitto. Permettevano ai soldati di spostarsi tra le varie postazioni di cresta senza essere visti dai cecchini italiani posizionati sulle vette opposte. La maggior parte delle fortificazioni, gallerie e caverne situate sulla Cresta di Costabella e presso il Passo delle Selle fu scavata dai soldati austriaci e dai reparti bavaresi dell'Alpenkorps. Queste truppe presidiavano la linea difensiva che dominava il Passo San Pellegrino. Anche gli italiani scavarono un dedalo di camminamenti e gallerie, specialmente nei settori di Sas dal Musc e della Campagnaccia, per garantire i collegamenti con le retrovie e tentare di espugnare le posizioni nemiche



Il tratto iniziale della ferrata dal Gran Lastè



Le foto mostrano l'ingresso e l'interno di un ricovero originale austro-ungarico situato presso il Piccolo Lastè. Come indicato dalle scritte sulle pareti in legno ripristinate dai volontari, si tratta di una struttura risalente al periodo 1915-1917. Questi spazi angusti ospitavano piccoli contingenti di truppe, offrendo protezione dalle intemperie e dai bombardamenti



L'uso del caschetto e dell'imbrago è fondamentale, così come la torcia per esplorare le gallerie che offrono "finestre" naturali spettacolari sulle vallate sottostanti



Un'altra iscrizione sottolinea che "l'interno è del tutto originale, anno 1916", evidenziando l'incredibile stato di conservazione del legno e delle strutture interne in un ambiente così estremo. Questo ricovero faceva parte del complesso difensivo dei Kaiserjäger o dei Landesschützen, i reparti di fanteria leggera da montagna dell'esercito imperiale





L'immagine cattura una parte dello straordinario panorama dolomitico che si gode percorrendo l'Alta Via Bepi Zac, offrendo una vista a 360 gradi su alcuni dei gruppi più iconici della regione.
Sassolungo e Sassopiatto: il massiccio è ben riconoscibile per la sua forma imponente e isolata che domina l'orizzonte a sinistra.
Gruppo del Sella: si distingue l'ampio altopiano roccioso, con la sagoma del Piz Boè che svetta come punto più alto del gruppo.
Tra i due gruppi si scorge il gruppo delle Odle.
Il basso si vede la val S.Nicolò con il Sas de Roces e dietro il Colac



Gli stessi gruppi da un'altro punto di vista



Verso Cima de Campagnacia 2737 m.



Lungo tutta la ferrata si vedono molte opere murarie. I muri servivano a creare trincee e camminamenti protetti che permettessero ai soldati di spostarsi lungo le creste esposte senza essere individuati o colpiti dai cecchini nemici. Molte di queste opere murarie fungevano da fondamenta o pareti perimetrali per i ricoveri e le baracche. In un ambiente di alta quota caratterizzato da continui smottamenti e detriti i muri a secco servivano a consolidare i sentieri e le piazzole destinate alle postazioni di artiglieria o di avvistamento. Alcuni tratti di muro presentavano feritoie specifiche per l'osservazione della valle sottostante o per il posizionamento di mitragliatrici, permettendo il controllo dei movimenti avversari



Le gallerie non servivano solo come riparo, ma includevano postazioni per mitragliatrici, feritoie di avvistamento e cannoniere per controllare i movimenti nemici nei valli sottostanti. In alcuni casi, i tunnel venivano scavati con l'obiettivo di posizionare cariche esplosive (mine) sotto le postazioni avversarie per far saltare intere porzioni di montagna



Sulla Cima della Campagnaccia (2.737 m), si svolsero durissimi scontri tra i due eserciti. La cima era un punto strategico e permetteva di sorvegliare i movimenti nemici nelle valli sottostanti e fungeva da snodo logistico per i collegamenti tra le diverse postazioni della catena di Costabella. Le truppe italiane riuscirono a raggiungere e presidiare alcune posizioni strategiche sulla Cresta di Costabella e sulla Cima della Campagnaccia. Per sostenere la pressione contro le linee austro-ungariche, le truppe italiane scavarono un fitto sistema di camminamenti e gallerie. Molti di questi tunnel servivano per collegare le retrovie con la prima linea e per tentare azioni di mina sotto le fortificazioni nemiche. I resti di trincee e basamenti di baracche testimoniano ancora oggi la presenza dei soldati italiani impegnati a contrastare i reparti austriaci dei Kaiserjäger e dell'Alpenkorps situati a poche decine di metri di roccia.



Dalla cima si cala per facile pendio ghiaioso al Banch de la Campagnacia dove arriva, dal versante S, l'itinerario 604A, anch'esso attrezzato, realizzato come possibile scorciatoia o via di fuga in caso di necessità



Gli amici Silvano e Marino. All'estrema destra Cima Uomo



Sotto cima Costabella 2765 m.
Le truppe italiane, nonostante numerosi e sanguinosi tentativi, non riuscirono mai a sfondare in modo decisivo la linea difensiva austro-ungarica sulla Cresta di Costabella durante la Grande Guerra.
Il fronte sulla Costabella divenne rapidamente una classica "guerra di logoramento" ad alta quota. Le posizioni erano così vicine che, in alcuni punti, i soldati dei due schieramenti potevano udirsi parlare, ma la morfologia del terreno rendeva ogni attacco frontale estremamente difficile.
Gli italiani riuscirono a conquistare e mantenere alcune vette e creste, come parte della Cima della Campagnaccia e del Sas dal Musc, ma non furono in grado di scacciare gli austriaci dalle posizioni dominanti del Passo delle Selle e della Cima di Costabella vera e propria. Poiché gli attacchi di fanteria non portavano allo sfondamento, gli italiani tentarono la via della guerra sotterranea. Scavarono gallerie di mina sotto le postazioni austriache (come quella celebre sotto il Sasso di Costabella) per far saltare i nidi di mitragliatrici nemici, ma anche queste azioni non portarono a un collasso della linea difensiva imperiale



Postazione di guardia della prima linea austriaca su cima Costabella. Oltre alla resistenza del nemico, le truppe dovettero combattere contro il clima. Gli inverni rigidissimi e le valanghe causarono spesso più vittime dei combattimenti stessi. Il fronte rimase sostanzialmente invariato fino al novembre del 1917. In seguito alla rotta di Caporetto, le truppe italiane ricevettero l'ordine di abbandonare le posizioni faticosamente conquistate sulle Dolomiti per ritirarsi sulla linea del Piave e del Monte Grappa, lasciando il controllo della zona agli austriaci fino alla fine del conflitto nel 1918



Segue la discesa dal Col di Costabella e una risalita attrezzata per mezzo di scale e staffe lungo questa cresta



Questa è la parte più tecnica della ferrata ed esige attenzione



Segue un'altra discesa con cordino





La discesa di prima vista dal basso



La valle di S.Pellegrino con le Pale di S.Martino sullo sfondo e le piste da sci che scendono dal Col Maargherita





Segue un tratto piuttosto pianeggiante verso il Castello di Costabella



Dalla Cresta di Costabella si domina la testata della Val S.Nicolò e si scorge l'omonimo rifugio. Qui si trova il bivio col sentiero 637B che collega la Cresta de Costabella a Jonta in alta Val San Nicolò



Nei pressi del Castello di Costabella 2730 m. è stata allestita la mostra fotografica permanente "Guerra alla guerra".



E' una delle installazioni più suggestive e toccanti dell'intero arco alpino. La mostra si trova a una quota di circa 2.700 metri, all'interno di una lunga galleria che un tempo fungeva da ricovero e postazione per i soldati austro-ungarici. L'allestimento è estremamente essenziale: le fotografie sono montate su pannelli fissati direttamente alle pareti di roccia viva, illuminate spesso solo dalla luce naturale che filtra dalle feritoie o dalla torcia degli escursionisti.



Il titolo "Guerra alla Guerra" riprende l'opera del pacifista tedesco Ernst Friedrich. La mostra non celebra le imprese militari, ma documenta la cruda realtà della Guerra Bianca. Le immagini ritraggono soldati stremati, le difficoltà nel trasporto dei rifornimenti con le slitte e la lotta contro il gelo e le valanghe. Foto d'epoca mostrano gli effetti dei bombardamenti sulle creste dolomitiche e la trasformazione delle montagne in labirinti di cemento, legno e ferro.
Molte foto si concentrano sugli sguardi degli uomini, spesso giovanissimi, costretti a vivere per anni in caverne umide e gelide



Ora si scende sul fondo gradinato di una profonda spaccatura della roccia



Si attraversa infine un sistema di scale che permette di superare un angusto passaggio



Giunti in prossimità della Sforcela del Ciadin, che non si raggiunge e rimane sulla sx, si incontra il bivio con la via ferrata (itinerario P02) diretto alla Punta de le Valate e al Pas de le Cirele che però non è nei nostri obiettivi



Prendiamo invece il sentiero diretto al passo S.Pellegrino messo a due ore di cammino



Scendiamo per lo scosceso versante entro un largo vallone detritico che spiana in una conca sassosa







Attraversando pascoli  ondulati e fioriti continuiamo la discesa fino a località Pont fino ad innestarci sulla strada sterrata (itinerario 604) che conduce infine al Passo S.Pellegrino



Scarica la traccia gps da Wikiloc




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