
Lunghezza: 17,34 km
Dislivello: 1407 m.
Tempo in movimento: 5h45
Altitudine max: 3118 m.
Difficoltà: difficileLa partenza di questo fantastico trek avviene a Malga Fane, situata a 1741 metri. Ci si arriva direttamente in auto o in pulmino da Valles se il grande parcheggio situato fuori dal villaggio si satura. Superata la malga, il cammino prosegue in direzione del Rifugio Bressanone, che si raggiunge dopo circa 4,4 chilometri di marcia a un'altitudine di 2273 metri. Il paesaggio cambia gradualmente mentre la traccia sale verso il Rauhtaljoch, un valico posto a 2805 metri che viene toccato dopo aver percorso circa 7 chilometri totali. Da questo punto, lo sforzo si fa più marcato per coprire l'ultimo tratto che porta alla vetta del Picco della Croce, la cui cima sud si attesta a 3115 metri di quota. Dopo aver raggiunto il punto di massima elevazione, la discesa avviene lungo un versante differente per completare l'anello, passando prima per lo splendido Lago Selvaggio, un bacino alpino situato a 2533 metri. Il rientro prosegue perdendo quota in modo regolare, transitando per la Labesebenhütte a 2141 metri prima di concludere l'escursione ritornando al punto di partenza. L'intero tracciato copre una distanza di circa 17 chilometri, con un dislivello complessivo di 1407 metri sia in salita che in discesa

Sono le 7:00 del 20 settembre e Malga Fane è ancora immersa nel silenzio. L'aria è frizzante. Preparo lo zaino con calma, osservando le baite di malga Fane prima di iniziare la salita verso il Rifugio Bressanone. Mi attendono 1400 metri di dislivello; mi avvio senza fretta. Ho parcheggiato l'auto fuori dal paese, ticket di 8 € per tutto il giorno

Malga Fane non è solo un raggruppamento di baite, ma un villaggio alpino in quota la cui origine risale al Medioevo. La sua storia è legata a un passato di isolamento forzato: durante le epidemie di peste che colpirono le valli circostanti, il borgo venne utilizzato come lazzaretto per isolare i malati e proteggere il resto della popolazione. Col tempo, l'insediamento si è trasformato in un centro dedicato all'alpeggio, mantenendo intatta la sua struttura architettonica con le tipiche costruzioni in legno e pietra e la piccola chiesa settecentesca. Oggi rappresenta uno dei villaggi più autentici e conservati dell'Alto Adige, testimone di una vita rurale che ha saputo resistere quasi immutata ai secoli
È la fine dell'alpeggio. I valligiani si muovono attorno ai camion mentre le mucche, pesanti e riluttanti, rompono il silenzio del mattino con il rumore sordo dei loro zoccoli sulle rampe di metallo e i loro muggiti
Lascio alle spalle il borgo di Malga Fane, entrando nel sentiero che risale la testata della valle. La forrea è ancora in ombra, l'umidità del mattino rende i sassi leggermente scivolosi . Procedo con passo regolare lungo la strada forestale mentre il torrente Valles scorre alla mia destra e il suo fragore mi tiene compagnia. Il Valler Schramme è una forra scavata con forza dal torrente Valles, dove il sentiero si insinua tra pareti di roccia scura e verticale. Il fragore dell'acqua in questo punto è costante e copre ogni altro suono, mentre il percorso, protetto da parapetti in legno, risale la gola con una serie di pendenze decise

Superata la gola dello Schramme la valle si allarga e le cime iniziano ad illuminarsi. Il Rifugio Bressanone ora appare come una sagoma compatta di pietra e legno, isolata al centro di un'ampia conca glaciale. Attorno alla struttura, il terreno è privo di alberi, segnato solo da una bassa vegetazione alpina e da qualche affioramento roccioso, mentre sullo sfondo i profili delle creste racchiudono la struttura in una cornice solitaria

Il Rifugio Bressanone (Brixner Hütte) si presenta come una solida costruzione in pietra e legno, perfettamente integrata nel paesaggio d'alta quota a 2307 metri. Le scandole ricoprono per intero le pareti. La sua storia è antica e legata alla sezione di Bressanone del Club Alpino Tedesco e Austriaco (DuÖAV), che lo inaugurò nel 1909. Durante il primo dopoguerra, come molte altre strutture della zona, il rifugio passò sotto la gestione del CAI, subendo nel tempo vari interventi di ammodernamento. Nonostante i rinnovamenti la struttura ha conservato l'aspetto di un tempo. Il rifugio è aperto ed entro per concedermi un caffè
La valle a nord del Rifugio Bressanone si apre in un anfiteatro d'alta quota dove il verde dei pascoli ha lasciato posto all'erba secca che vira su tonalità ocra e paglierino. È una vegetazione bassa, ridotta all'essenziale, che si prepara al riposo invernale e tipica dei monti di Fundres
Poco sopra il rifugio, nell'intaglio della valle, il Sassopiatto e il Sassolungo svettano a sud come una coppia monumentale, delineando con le linee dolomitiche l'orizzonte. Il Sassopiatto mostra il suo caratteristico piano inclinato, mentre il Sassolungo appare come un blocco di torri verticali e severe
Proseguo in falsopiano mentre gruppi di marmotte provocano con i loro fischi le orecchie di Artax. Dietro quelle cime che sfiorano i 2700 m. c'è la val di Vizze
La montagna che domina la foto, chiudendo la testata della valle, è il Picco della Croce (in tedesco Wilde Kreuzspitze).
Con i suoi 3.135 metri, è la cima più alta delle Alpi di Fundres.
Attraverso un vasto pianoro dove il ghiacciaio e i torrenti hanno depositato nel tempo ghiaie e detriti. Da lì il sentiero abbandona lentamente la vegetazione e inizia a salire verso il passo, compiendo un ampio e metodico arco a sinistra che segue la morfologia della conca detritica. La pendenza si fa più marcata e il fondo diventa un tappeto di sassi instabili e scaglie di scisto che richiedono attenzione
La salita al Rauhtaljoch 2808 m., faticosa perché si cammina spesso su sfasciumi, avviene in ombra nell'ultima parte. Il passo mette in comunicazione la valle di Valles con la conca del lago Selvaggio
Oltre a collegare la testata della Val di Valles con la conca del Lago Selvaggio, il passo permette di gettare lo sguardo verso orizzonti lontani. Mentre risalgo i pendii detritici, dall'altra parte della valle emerge imponente il gruppo del Gran Pilastro (Hochfeiler)
Con i suoi 3.510 metri e i suoi ghiacciai perenni, domina il panorama verso nord, offrendo un contrasto cromatico netto tra il bianco delle sue vedrette e il grigio delle rocce scistose

Dopo una salita costante tra gli sfasciumi, raggiungo infine il Rauhtaljoch (Passo di Rauhtal), situato a 2.808 metri. Dal passo, la segnaletica indica chiaramente le direzioni: verso destra si risale la cresta finale per la vetta del Picco della Croce, mentre dritto inizia la discesa verso le acque scure del lago
Inizio la salita verso il Picco della Croce messo a circa un'ora dal passo. Il lago Selvaggio appare quasi subito dopo aver lasciato il passo in direzione della cima
Man mano che prendo quota l'orizzonte diventa straordinariamente più vasto. In lontananza distinguo i gruppi del Catinaccio, del Sassolungo e della Marmolada. L'altezza si fa sentire e devo fermarmi spesso per riprendere fiato
Sono passate da poco le 12 quando raggiungo con il mio fedele Artax la croce di vetta del Picco della Croce (Wilde Kreuzspitze) a 3135 m. La croce si distingue nettamente dalle tradizionali croci lignee alpine per il suo design moderno e simbolico. È realizzata in acciaio, composta da diversi blocchi cubici e rettangolari sovrapposti in modo asimmetrico. Questo le conferisce un aspetto monumentale e solido, capace di resistere alle estreme condizioni meteorologiche della cima
La superficie della croce è incisa con una serie di aggettivi in diverse lingue (italiano, tedesco, inglese) che descrivono l'esperienza della vetta: si leggono parole come "spettacolare", "wundervoll" (meraviglioso), "stunning" (mozzafiato), "eraubend" (da mozzare il fiato), "contento" e "kraftvoll" (potente)

Dal Picco della Croce il Lago Selvaggio sembra davvero un occhio blu incastonato in un catino di pietra, minuscolo rispetto all’anfiteatro di creste che lo circonda e che da lassù dominano la scena. C'è un contrasto netto tra il blu profondo dell’acqua e i toni grigi e ocra delle rocce dei Monti di Fundres.E' ora di tornare a valle anche perché la cima è parecchio affollata e spira un forte vento e io sono sudato
Dopo essere ritornato al passo scendo lungo il sentiero in direzione del lago. Ad un certo punto il sentiero si dirama e io decido di prendere quello che andrà a costeggiare la riva destra del lago. Questo è il Picco della Croce visto da sotto, decisamente meno attrattivo da quaggiù
Il lago occupa una conca glaciale ampia ma severa, con rive pietrose e prati alti ormai ingialliti che sottolineano l’alta quota e la durezza del clima.
Alle sue spalle si alza una parete compatta, quasi muraglia, che incornicia perfettamente lo specchio d’acqua e fa sembrare il Lago Selvaggio un piccolo mondo chiuso, protetto dal resto della valle 
Il Lago Selvaggio è di origine glaciale, incastonato a circa 2.530 metri sopra la Val di Valles, ed è considerato il lago alpino naturale più profondo dell’Alto Adige, con circa 46 metri di profondità massima. Le acque del Lago Selvaggio sono di un blu intenso che, a seconda della luce e dell’angolo di osservazione, vira verso il verde‑azzurro, soprattutto lungo le rive dove il fondale è meno profondo
Sullo sfondo il Picco della Croce e a destra il Rauhtaljoch.
Il nome “Selvaggio” richiama sia il suo aspetto isolato e poco antropizzato, sia un fenomeno naturale: durante i temporali, dalle sue acque si udirebbe un “ruggito” profondo, specie quando il lago è coperto da ghiaccio
Una leggenda racconta che questo rumore sarebbero le urla delle anime dannate di tre francesi esiliati qui all’epoca di Napoleone
La discesa dal Lago Selvaggio verso malga Lebenseben è un lungo traverso su crinale erboso che, dalla conca severa del lago, riporta gradualmente su pendii più dolci e aperti, con un colpo d’occhio amplissimo sulle cime dei Monti di Fundres
Man mano che si perde quota il paesaggio passa dal regno minerale e del vento alle praterie alpine, con vista continua sui monti di Fundres e sui profondi solchi che i torrenti hanno inciso nei pascoli
Scorgo in basso malga Malga Lebenseben (2138 m)
Ora il sentiero mi porta a traversare il torrente emissario del Lago Selvaggio che ha scavato un profonda incisione nel versante erboso.
A differenza delle Dolomiti le Alpi di Fundres sono formate prevalentemente da rocce scistose e gneiss. Queste rocce si sfaldano più facilmente, creando un suolo acido e ricco di nutrienti che trattiene meglio l'umidità, permettendo alla vegetazione di attecchire anche su pendenze sostenute

Un gruppo di cacciatori osserva i versanti della valle in cerca di selvaggina
La malga Lebenslebben è una malga piuttosto tranquilla e poco affollata rispetto alle strutture più note della zona, circondata da ampi pascoli e con vista ampia sulle cime circostanti, che le dà un’aria intima e appartata. Mi fermerò per riposare un pò le ginocchia che cominciano a farsi sentire e prendere qualcosa di caldo
Dopo la malga la forestale scende in direzione della forra Valler Schramme percorsa nell'andata al mattino
Parte della forra è già nell'ombra e non mi resta ormai molto per rivedere il villaggio di Fane
Quando arrivo ritrovo malga Fane avvolta ormai dall'ombra. La maggior parte dei turisti è già partita e il silenzio è calato sul villaggio. Sono le 17h20. L'escursione mi ha impegnato per più di 10 ore ma ne valeva largamente la pena!
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